Recenti studi rivelano che essere distretti è importante

E' arrivato finalmente il giorno dell'esame dopo tante settimane passate ad allenarci. Una volta che ci troviamo al volante, l'attenzione per ogni gesto è ai massimi livelli. Qualcosa però non va esattamente come previsto. Sotto gli occhi attenti dell'esaminatore, il parcheggio provato decine di volte richiede qualche manovra di troppo. Tra sudori freddi e battito accelerato, il piede sulla frizione comincia a tremare fino a far singhiozzare e spegnere il motore. Così, quello che doveva essere un grande giorno si trasforma ben presto in un clamoroso fiasco, mandando all'aria intere settiinane di esercizio. Che cosa è successo? La tensione dell'evento ha giocato un brutto scherzo, facendo perdere all’improvviso tutte le capacità conquistate nel corso della preparazione.


Gli esperti chiamano amnesia indotta dall'abilità questo blocco psicologico che "strozza" le prestazioni causando clamorosi scivoloni. Nemmeno i migliori professionisti ne sono immuni, anche i piloti di Formula 1 spesso incorrono in incidenti clamorosi. Ma non occorre guidare un bolide di Formula 1 per ritrovarsi ad affrontare un flop in un momento decisivo: durante un esame, per esempio, quando si casca in imbarazzanti lapsus confondendo nomi e definizioni o nel corso diun colloquio di lavoro, quando si inciampa nelle parole e si balbetta, magari proprio dopo aver affermeto con sicurezza di essere persone competenti. Da sempre gli esperti hanno accusato l’ansia, che paralizza e provoca pericolosi vuoti di memoria prima di una prova anche nelle persone molto preparate: pensieri come "ce la farò?", "cosa diranno gli altri se fallissi" provocano tensione e distolgono l’attenzione dallo sforzo vero e proprio.


L’automatismo dell'esperienza


Ma c'è di più, provate a ricordare: nel vostro passato ci sarà stata sicuramente un'interrogazione importante o un esame per il quale puntavate al massimo dei voti e poi, dopo settimane di studio intenso, ecco che le vostre prestazioni si sono rivelate a un livello inferiore al previsto eppure non vi sentivate particolarmente ansiosi. Per spiegare questo controsenso c'è ora una nuova rivoluzionaria teoria: non è colpa dell'emozione bensì dell'eccessiva concentrazione, sostengono Sian Beilock e Thomas Carr della Michigam State University.


I ricercatori americani, infatti, hanno scrutato fra le pieghe dei fallimenti imprevisti e dei momentanei black out e hanno trovato una spiegazione scientifica del problema: è tutta colpa della concentrazione.


Questa gioca un ruolo importantissimo per la riuscita di un'impresa, soprattutto quando allontana tutti gli elementi di distrazione che "risveglia" le naturali insicurezze. Ebbene, stando ai risultati della ricerca di Beilock e Carr, quando la concentrazione diventa eccessiva e si focalizza in maniera esasperata sulle singole operazioni da compiere, si perde l'automatismo raggiunto grazie all’esercizio. In sostanza, per ricordare una poesia o una serie di movimenti (per esenipio, quelli di uno sportivo o di un musicista, o persino quelli per digitare il codice del Bancomat) nel nostro cervello si creano nuove connessioni tra i neuroni nelle zolle mobilitate. Più ci si esercita più queste connessioni si rafforzano, dal momento che il cervello capisce che dovrà compiere quelle azioni anche in futuro. In questo modo si crea un percorso preferenziale per svolgerle in relazione allo stimolo fisico o mentale. L'effetto di questo percorso preferenziale è l'automatismo dell'esperienza, che consente alla prestazione di richiedere poca attenzione e "poca memoria".


L'importante è non riflettere troppo! Questo genere di compiti "automatici" avviene in modo semplice e spontaneo. Quando invece ci concentriamo troppo su di essi, perché dobbiamo affrontare una prova, un esame o un colloquio, distruggiamo in un certo senso questa fluidità naturale. Così, paradossalmente, Beilock e Carr suggeriscono di diventate più "distratti" per essere più efficienti, abbandonandosi agli automatismi per avere qualche possibilità di successo in più. Dunque, esercitatevi pure nella tranquillità della vostra camera a risolvere un'equazione o a provare un discorso e al momento della prova reale siate spontanei, insomma evitate di riflettere troppo sui diversi passaggi.


Allo stesso modo, potete allenarvi a parcheggiare l'auto in maniera (quasi) perfetta. Poi, davanti al’esaminatore lasciatevi andare e non forzate l'attenzione sulle singole manovre, come stimare le distanze o sterzare al momento giusto. E quando, trovandovi sotto pressione, avete un vuoto di memoria e non ricordate più la corretta ortografia di una parola straniera, scrivetela senza pensarci, è praticamente certo che lo farete senza errori.


Prestazioni da record


Beilock e Carr hanno confermato la loro teoria con un esperimento che ha coinvolto oltre 50 aspiranti golfisti. La prova scelta dagli psicologi è stata quella del putt, cioè il colpo decisivo che nel golf serve per mandare la pallina in buca. Secondo gli esperti, questo è piuttosto semplice da imparare con l'allenamento, ma è anche particolarmente sensibile alla pressione psicologica. I volontari sono stati addestrati e successivamente messi alla prova in differenti condizioni: per creare un anmbiente stressante, alcune sessioni sul campo sono state riprese con le telecamere e giudicate da professionisti del golf, in altre occasioni gli psicologi hanno messo in palio del denaro per motivare e far forza sugli aspiranti golfisti. Per misurare gli effetti della distrazione, alcuni volontari sono stati costretti inoltre a compiere anche altri esercizi durante il tiro come, per esempio, ripetere un elenco di parole ascoltate a un registratore. Alla fine rispetto ai gruppi di controllo, i golfisti sottoposti alla pressione psicologica hanno ottenuto le prestazioni peggiori. Comunque, i risultati degli esperimenti hanno dimostrato che la concentrazione, unita a un buon allenamento psicologico, è sempre necessaria per ottenere risultati positivi e ridurre i rischi di errore. La preparazione deve prevedere anche simulazioni della prova e quindi delle condizioni di pressione.


Imparare a "giocare in casa"


Con l'aiuto di un amico potete quindi pensare in anticipo a tutte le condizioni stressanti di un esame: l'espressione severa dell'esaminatore, la curiosità dei presenti, l'ambiente in cui avverrà la prova e così via. Ogni particolare previsto potrebbe essere quello decisivo per farvi avere la senzazione di "giocare in casa". Per imparare a convivere con ansia e stress da prestazione, spesso anche manager e politici sfruttano le stesse tecniche utilizzate dai campioni dello sport. Recentemente sono stati esplorati i segreti della mente dei grandi atleti, scoprendo che il famoso "stato di grazia" esiste davvero. La condizione psicologica che accompagna le prestazioni ottimali è stata spiegata grazie alla teoria del flusso di coscienza, in inglese flow, elaborata nei primi anni ’70. La prestazione decisiva, il record del corridore o il dribbling vincente del calciatore, avvengono in una situazione in cui l’atleta è talmente immerso in quello che fa da non curarsi di ciò che succede intorno a lui.


C'è chi per tranquillizzarsi canta una canzoncina, chi borbotta tra sé e sé frasi positive, chi cerca di immaginare situazioni di benessere o ricordi felici. Ogni atleta o professionista ha i suoi rituali, a volte confusi addirittura con gesti scaramantici. Il dialogo interno è finalizzato all’incremento del controllo del comportamento. Parole come “ce la posso fare” o “stai andando alla grande” possono essere quindi ripetute a fior di labbra come stimolo e aiuto alla motivazione.


Per diventare dei buon allenatori di noi stessi è necessario quindi che anche la nostra mente “scenda in campo” quotidianamentie. Magari aiutandoci ad affrontare gli esami di tutti i giorni non solo come giocatori, ma anche un po’ come tifosi di noi stessi.